A un boscaiolo siberiano

In piena guerra fredda Wendell Berry, il poeta contadino, vede su una rivista alcune foto di un boscaiolo siberiano. Che come lui respira i boschi piantando e abbattendo alberi. Che come lui ha accanto a sé i propri figli. E che non solo non gli ha mai fatto nulla, ma che anzi – con quella vita così simile – gli fa istintiva simpatia. Tanto da fargli chiedere: «Perché ti odio? Ma ti odio veramente? E chi l’ha detto che non si possa lavorare e ridere assieme, io e te, i miei e i tuoi figli?» Ne nasce un’appassionata elegia in sette parti To a Siberian Woodsman, pubblicata nel 1968.
Ne traduco qui la quarta sezione.


Chi è che ha inventato la nostra inimicizia? Chi ci ha prescritto
di odiarci uno con l’altro? Chi ci ha armati uno con l’altro
con la morte del mondo? Chi mi dato tanta rabbia
da farmi desiderare che bruci la tua casa, che siano devastati i tuoi bambini?
Chi mi ha dato tanta rabbia contro di te? Chi ha scatenato il pensiero
che ci dovremmo opporre l’uno all’altro, con le rovine di foreste e fiumi, il silenzio degli uccelli?
Chi ci ha detto che le voci della mia terra ti debbano essere
estranee, che le voci della tua debbano esserlo per me?

Chi ha immaginato che mi sarei distrutto soltanto per distruggerti,
o che sarei stato migliore distruggendoti? Chi ha immaginato
che la tua morte non potesse interessarmi ora che ho visto queste foto del tuo volto?
Chi ha immaginato che non parlerei con te familiarmente,
o che ci riderei – visitando la tua casa e andando al lavoro con te nella foresta?
E adesso del mio posto una delle idee
sarà che tu lietamente parli, visiti e lavori insieme a me.

(© Daniele Gigli, 2022 per la traduzione – Condivisione autorizzata a fini non commerciali citando la fonte)